La bellezza dopo la scalata: l’impatto della tecnologia e della comunicazione di massa sulle nostre percezioni estetiche.

Per meglio entrare in sintonia con i contenuti di questo articolo, potrebbe giovare l’ascolto di questo generatore acustico durante la lettura.
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Kundera e la crisi della musica contemporanea
Poiché mi piace molto interessarmi di tecnologia digitale, pochi giorni fa bazzicavo il web e mi sono imbattuto, studiando i protocolli di sicurezza e crittografia più usati sulla rete internet, in questo sito, che non viene aggiornato dal 2008. Quello che può colpire chi, come me, frequenta molto la rete è la grafica quasi primitiva. A discapito del livello molto alto del contenuto, l’impressione visiva è decisamente inferiore rispetto all’esperienza quotidiana dell’utente medio di internet. Almeno questa è stata la mia prima impressione.
Nel constatarlo, la mia mente è stata attraversata dall’impulso ad una riflessione: non era la prima volta che mi accadeva di leggere una pagina internet esteticamente scarna, ma non ci avevo mai fatto caso in passato, a memoria mia. L’ultima volta era stato sicuramente diversi anni fa, quando ancora la programmazione mi interessava meno. Mi sono quindi soffermato su come mai una differenza estetica irrilevante rispetto ai contenuti catturasse tanto la mia attenzione in modo così negativo.
All’improvviso, pensando, mi è tornato alla mente questo brano de L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere, il romanzo più famoso di Milan Kundera, scrittore ceco contemporaneo. Non riguarda i siti internet, ma una forma d’arte per eccellenza, la musica. Riporto il brano integralmente, perché, come ogni riflessione presentata nei romanzi di Kundera, ha il potere di dire in parole dirette e semplici cose che si esita a pronunciare con la dovuta brutalità a sé stessi:
Musica. Per Franz è l’arte che più si avvicina alla bellezza dionisiaca intesa come ebbrezza. Un uomo non può essere ebbro di un romanzo o di un quadro, ma può ubriacarsi della Nona di Beethoven, della Sonata per due pianoforti e percussione di Bartók o di una canzone dei Beatles. Franz non fa distinzione tra musica classica e musica leggera. Questa distinzione gli sembra antiquata e ipocrita. Ama allo stesso modo il rock e Mozart. Considera la musica come una forza liberatrice: essa lo libera dalla solitudine, dalla chiusura, dalla polvere delle biblioteche, apre nel suo corpo una porta attraverso la quale l’anima esce nel mondo per fraternizzare. Ama ballare e gli spiace che Sabina non condivida con lui questa passione. Siedono insieme al ristorante e dall’altoparlante una rumorosa musica ritmata li accompagna mentre mangiano. Sabina dice: “È un circolo vizioso. La gente diventa sorda perché mette la musica a volume sempre più alto. E poiché diventa sorda, non le rimane che metterla a volume ancora più alto”. “A te la musica non piace?” chiede Franz. “No” dice Sabina. Poi aggiunge: “Magari, se fossi vissuta in un’altra epoca…” e pensa al tempo in cui viveva Johann Sebastian Bach e la musica assomigliava a una rosa fiorita sulla sconfinata landa nevosa del silenzio. Il rumore mascherato da musica la insegue fin dalla prima giovinezza. Quando studiava all’Accademia di Belle Arti doveva passare tutte le vacanze in un cosiddetto cantiere della gioventù. Abitavano in camerate comuni e lavoravano alla costruzione di un’acciaieria. La musica strepitava dagli altoparlanti dalle cinque del mattino alle nove di sera. Lei aveva voglia di piangere, ma la musica era allegra e non si poteva sfuggirle da nessuna parte, nemmeno al gabinetto, nemmeno a letto sotto le coperte, gli altoparlanti erano dappertutto. La musica era come una muta di cani lanciati contro di lei. A quel tempo lei pensava che quella barbarie della musica regnasse solo nel mondo comunista. All’estero, ha scoperto che la trasformazione della musica in rumore è un processo planetario che fa entrare l’umanità nella fase storica della bruttezza totale.
La musica nella cultura di massa
Non c’è scopo a leggere i romanzi di Kundera senza accogliere i suoi inviti alla riflessione e all’autoironia. Questo passo, unito per caso all’osservazione dell’impressione in me generata da quel sito, mi ha spinto ad una riflessione sulla nostra capacità, in quanto uomini di quest’epoca, non tanto di apprezzare la bellezza, quanto già di riconoscerla appena.
La frase sui tempi di Bach, in cui ascoltare della musica era un evento raro, una rosa fiorita sulla sconfinata landa nevosa del silenzio, è una sferzata molto dura contro la nostra assuefazione alla costante presenza della musica nelle nostre vite: tutti noi sappiamo perfettamente, se siamo onesti, che la maggior parte del tempo noi non prestiamo attenzione a quanto ascoltiamo e, se lo facciamo, siamo talmente abituati ai ritmi pop, che nemmeno ci soffermiamo -nel 99% dei casi- sulle loro melodie, ammesso che ne possa valere la pena.
Ritengo che la chiave del problema della nostra assuefazione sia la mancanza del silenzio. In natura, il silenzio è uno stato naturale. Nella nostra civiltà dell’abbondanza di musichette e di rumori di ogni genere, è una condizione da ricercare volutamente.
La madre della bruttezza di cui Kundera parla è da ricercarsi nell’eccessiva abbondanza di suoni, ben prima che nella degradazione della loro qualità.
Questo è importante, anzi fondamentale da comprendere: non è la degradazione della qualità della musica che comporta la sua massificazione, bensì è la democratizzazione della musica che comporta l’inesorabile diluizione della sua qualità: non la scomparsa, la diluizione drammatica…che è cugina prima della scomparsa, come argomenterò di seguito!
Storicamente non è arrivato prima il crollo qualitativo delle composizioni musicali e poi la scomparsa dei compositori di musica per orchestre sinfoniche, i cosiddetti musicisti “classici”; no, è stata la progressiva massificazione della musica a farsi strada per prima nelle nostre esistenze, mediante la diffusione di strumenti musicali alla portata, in senso operativo, delle masse e delle tecnologie radio per la diffusione della musica.
L’ironia di tutto questo è che, se l’assassina del silenzio è stata, in parte, la diffusione di chitarre elettriche e simili, il complice principale è stato un fenomeno di per sé più che desiderabile e positivo: la diffusione dell’istruzione di massa.
Basta pensarci un poco: l’innalzarsi dell’istruzione dell’individuo medio, l’abbassamento della difficoltà di suonare i nuovi strumenti musicali relativamente ai precedenti, la facilità a trasmettere la musica via radio, la quale ha conferito la possibilità alle nuove generazioni di musicisti di raggiungere un pubblico quantitativamente mai sognato da nessun compositore classico, sono tutte innovazioni che hanno molto ristretto la forbice fra musica e quotidianità. Al tempo stesso, l’accrescimento del pubblico musicale ha, inevitabilmente, molto diluito le sua esigenze, rendendolo ben disposto verso ritmi e melodie semplici ed elementari.
La landa desolata e nevosa del silenzio si è trasformata nel chiacchiericcio erboso delle chitarre, dei bassi e delle batterie, sulle quali quel che resta della rosa fiorita, della musica eccelsa, fatica come non mai a stare in rilievo. E non è una fatica costante: è una fatica che cresce sempre di più, inesorabilmente…
Perché cresce? Perché siamo, da un lato, sempre più distratti, dall’altro perché la mediocrità è supportata da una valanga di tecnologia che fa passare quasi per buone le erbacce. Ma la nostra attenzione, che potrebbe farcene rendere conto, non perviene mai…quando l’ascolto della musica o il godimento di ogni altra forma d’arte, da rituali sofisticati quali erano -nel caso della musica poi ben più che in quello delle arti visive- diviene un sottofondo distratto e, al tempo stesso, forzoso dell’esistenza, le tocca la stessa sorte di una religione a cui venga tolto il tempio.
Ma c’è di più e di peggio: non solo muore lentamente la nostra capacità di riconoscere la bellezza; si assopisce anche la capacità di distinguere la bruttezza dalla mera semplicità.
Il punto del mio ragionamento, in cui espando a modo mio il pensiero di Kundera, è proprio questo. Mai nella storia la musica è stato tanto supportata dalla tecnologia: sintetizzatori, filtri elettronici che esaltano la potenza del suono per frequenza, a piacimento, fior di computer potentissimi per correggere le registrazioni in studio, dalla voce del cantante al suono dell’ottava più cupa del basso, là dove prima esisteva solo la capacità del direttore l’orchestra, da esercitare in diretta di fronte al pubblico…eppure la musica non è mai sembrata povera e insignificante come oggi.
Pensandoci a fondo, l’essermi soffermato sulla scarna grafica del sito internet di cui sopra non dice nulla del sito in sé; dice molto di più su di me, che sono assuefatto alla cosmetica preconfezionata dei siti internet contemporanei, che sono l’equivalente di una musica a base di sintetizzatori: anche quest’ultima può essere grandiosa, senza dubbio…ma troppe persone possono produrne un po’, perciò è divenuto troppo difficile cogliere le gemme!
Lo ripeto: esiste musica grandiosa anche nel tempo presente. Questo non è un post contro la tecnologia, bensì una riflessione sui suoi effetti di lungo termine, quando essa abbassa la soglia di ingresso alla creazione artistica fino al livello accessibile alle masse.
Esiste il silenzio?
Grazie al Dr. Stéphane Piegeon, a proposito del quale e del cui sito, myNoise® (a proposito di cui scriverò sotto), ho avuto la possibilità di modificare questo post dopo aver richiesto la sua opinione sulla prima bozza. Pur essendo d’accordo con il mio punto di vista generale, il Dr. Pigeon osserva che il silenzio, in sé stesso, è solo un ideale. In uno stato di perfetta assenza di rumori esterni, incominceremo a sentire il rumore del nostro acufene, dei battiti del nostro cuore e dello scorrere del nostro sangue.
Il silenzio è un concetto relativo, il cui senso dovrebbe essere specificato allo scopo di fornire un messaggio preciso. Perciò definirò qui il silenzio, per gli scopi di questo post, come assenza di intrattenimento creato dall’uomo con lo scopo di sollecitare delle risposte emotive, includendo quindi programmi televisivi, musica di ogni tipo, propaganda, perfino riviste, cartacee o online, e le rassegne stampa, che siano da leggere o da ascoltare. Il silenzio viene così definito non solo in termini di vibrazioni che si propagano sotto forma di onde acustiche, ma in termini generici di stimolo che richiede attenzione emotiva.
In questo senso preciso, l silenzio si intende meglio come silenzio mentale, che è uno stato più comprensibile dell’ideale, completamente irraggiungibile assenza di rumore che può esistere solo nello spazio.
Infatti, quasi tutti possiamo aver perso o non aver mai posseduto il concetto di silenzio acustico, ma più persone che quasi nessuno conservano un ricordo, da qualche parte nel loro cuore, dello stato mentale molto più leggero e spensierato che erano abituati a sperimentare da piccoli bambini; ciò è vero per tutti ad eccezione che per i più sfortunati fra di noi, ma in ogni caso per più persone che per quelle che posseggono memorie vivide del silenzio in senso acustico.
La massificazione di Internet
L’esposizione al “silenzio”, inteso in accezione più ampia che quella acustica, ovvero come assenza di uno stimolo costante, ha come effetto indiretto di elevare la nostre sensibilità, al brutto come al bello. Non ce ne rendiamo conto perché veniamo da millenni di silenzio, mentre lo stimolo costante è la nuova normalità da poco tempo. Non ce ne rendiamo conto perché gli effetti del silenzio si sono accumulati lentamente, sono evolutivamente scontati, per così dire.
Per di più, oggi lo stimolo costante varia entro uno spettro sempre più ristretto. L’uccisione del silenzio ovatta la nostra sensibilità e ci induce perfino a confondere lo scarno con il brutto. Brutto, infatti, ci appare tutto ciò che non giaccia entro i parametri abituali, come il bambino con una cattiva educazione alimentare che non trovi saporito altro che le patatine fritte e cibi simili.
Ciò non ha inciso solo sulla musica, ma sui più svariati ambiti della creatività umana. Anche sul web development, lo sviluppo dei siti internet, nel quale la transizione “dal quasi totale silenzio al rumore irregimentato” si è manifestata su scale temporali molto più brevi che per la musica.
L’equivalente di questa mancanza moderna di silenzio al livello del web è la crescente omogeneità dei siti internet, sempre più spesso costruiti mediante lo stesso strumento. Penso a WordPress, il portale che consente di creare siti web combinando un ventaglio di elementi estetici preconfezionati, personalizzabili entro specifici limiti con colori e immagini a scelta, con cui è costruito ben il 40% dei siti internet presenti in rete in questo momento (Dicembre 2022)…incluso il sito che ospita questo blog, creato dalla nostra agenzia di marketing!
I risultati sono -nulla da dire- potenzialmente altrettanto soddisfacenti che quelli realizzabili da un programmatore esperto (e qui sta la chiave del mio ragionamento), ma è un fatto inoppugnabile che il livello di sforzo richiesto per produrre qualcosa di decente sia molto più basso che in passato; il risultato è un proliferare di siti web…medi, a differenza di quando era richiesto di padroneggiare a sufficienza i linguaggi html e Javascript per creare qualcosa, compito molto più arduo e alla portata di meno persone che usare WordPress per creare il proprio sito già dopo un video-tutorial di due ore.
Qual è l’effetto collaterale finale di questa facilità? La moltiplicazione incessante dei siti web e dell’informazione su di essi disponibile: gli uni esteticamente sempre più uniformi, l’altra spesso sempre meno rilevante. Certo, possono esistere ancora prodotti eccellenti, ma quato più difficile è divenuto accorgersene?
Per inciso, la grafica passa in secondo piano di fronte al nostro costante bisogno di consumare informazione senza quasi mai pensare, al pari di come la qualità della melodia musicale passa in secondo piano rispetto al nostro disperato bisogno di usare la musica per non pensare e non ascoltare.
E al crescere della quantità di informazione disponibile, musicale o verbale, segue sempre un inevitabile affaticamento dell’attenzione…finché non capitola, esausta.
Questo, di fatto, è l’unico dubbio che ancora covo riguardo il potenziale degli of NFTs, cosa che ho brevemente discusso anche con Andrea Marec di ReasonedArt, dopo la sua presentazione sull’argomento al primo R+ meting di sempre, di cui ho parlato altrove su questo blog: quanti NFT in circolazione sono troppi NFT in circolazione, quando chiunque può produrre i propri own e laddove non esiste un meccanismo di selezione e di vaglio? La tecnologia digitale è incredibile e infaticabile, ma l’attenzione umana è solo incredibile.
La tecnologia ha abbattuto lo sforzo necessario ad intraprendere molte imprese, dal comporre e suonare musica al creare un sito web.
- La conseguenza migliore per alcuni, nonché la più visibile e giustamente apprezzata da tutti, è la possibilità per quasi tutti loro di a lanciarsi in queste avventure.
- La conseguenza peggiore per tutti, nonché -proprio per la sua universalità- la meno visibile, è che il materiale di alta qualità resta sempre più diluito in un fiume di irrilevanza, la cui corrente si gonfia sempre di più, trascinando via la nostra capacità di discernimento fine.
L’uomo non è geneticamente programmato per fiorire nell’eccessiva abbondanza. La nostra crescente cecità alla bellezza e la nostra incapacità di distinguere la bruttezza dalla semplicità sono inestricabilmente legate all’abbassamento dei vincoli di ingresso alla creazione estetica.
Ciò non è dissimile da come una forma fisica snella e robusta, qualità che appartiene senza sforzo a tutti gli abitanti di una società di sussistenza tradizionale, sia persa dagli stessi uomini calati in una società industriale, in cui si ha il problema opposto della produzione di cibo a sufficienza.
Se non fosse che i nostri comportamenti automatici sono ottimizzati da millenni di evoluzione per farci prosperare in ambienti in cui le risorse sono scarse, non ci sarebbero problemi di obesità: mangeremmo naturalmente solo il necessario. Ma non è così che siamo progettati: siamo progettati per mangiare molto ogni qual volta c’è cibo in abbondanza, per compensare i periodi di digiuno o scarsità, così frequenti in natura. L’evoluzione non modifica il suo corso nello spazio di poche generazioni, con tutte le conseguenze del caso, fra cui una minore sensibilità al sapore dei cibi. Non sorprende che le persone siano divenute sempre più abituate, perfino affezionate, al sapore del cibo industriale.
La perdita di gusto estetico dell’ascoltatore dovuta all’eccesso di esposizione a musica standardizzata non è affatto dissimile, nel meccanismo all’origine.
Per invertire queste tendenze e riacquistare la sensibilità perduta è necessario uno sforzo conscio. Ma gli sforzi consci costano attenzione ed energia e questo non è un blog di prescrizioni o di self-help.
Non pretendo di dire né alla storia né all’evoluzione dove dovrebbero andare, lo sanno già di loro…ma rifletterci mi aiuta a coltivare l’illusione che ci sia un senso, il che mi torna utile per vivere bene.
Ritorno al futuro sulla Via Negativa: dalla distrazione alla sensibilità perduta mediante semplici suoni
Vorrei menzionare il modo in cui sono riuscito a venire a termini con questa situazione.
Abbiamo riconosciuto che il silenzio acustico è un ideale che esiste solo come condizione limite; siamo anche d’accordo che sia più utile, nel nostro contesto, intendere il silenzio come assenza di stimoli estetici costanti, che richiedano il nostro coinvolgimento emotivo, nel senso dell’esperienza interiore; infine, abbiamo concordato che, sebbene la tecnologia apra infinite possibilità di creatività, ha -allo stesso tempo- abbassato drasticamente il livello di accesso alla creazione artistica, causando così la comparsa di una prateria di contenuti senza senso che oscurano le gemme che ancora esistono e vengono prodotte, da un lato affollando la nostra attenzione con roba mediocre, di conseguenza, abbassando la nostra sensibilità a causa dell’affaticamento dell’attenzione.
Mi piacerebbe porre un’ultima domanda, facendo pubblicità ad un servizio gratuito che trovo di qualità stupefacente, nonché incredibilmente utile. La domanda è: come tentare di rovesciare questa situazione? In altre parole: può la tecnologica, con la quale dobbiamo necessariamente convivere, salvarci dalle dipendenze che essa stessa ci crea?
Il Dr. Stéphane Pigeon, ingegnere sonoro belga, che ha migliorato incomparabilmente il mio lavoro d’ufficio da un anno a questa parte, ha una risposta pratica e affermativa a questa domanda: il suo sito myNoise®.
Il Dr. Pigeon ha sguinzagliato la sua creatività attraverso la medesima tecnologia che ci ha immerso nell’abbondanza e nella confusione, ma con un nobile scopo: ricreate un’esperienza naturale dei più semplici e basilari suoni presenti in natura, oltre che nella musica elettronica e in quella più tradizionale, dai ritmi etnici ai canti gregoriani e simili; tutto viene registrato dal vivo in natura o in qualunque sia il contesto di origine dei suoni e, in seguito, viene elaborato elettronicamente fino al punto di generare l’impressione di trovarsi nell’ambiente che li genera. Soprattutto, il tutto è privo di musichette insensate.
Personalmente, amor moltissimo il concetto di Via Negativa, così efficacemente popolarizzato dallo scrittore, già trader di successo, Nassim Nicholas Taleb, nel suo libro Antifragile: Prosperare nel Disordine. Questa espressione latina è presa in prestito dal filosofo stoico di età imperiale Lucio Anneo Seneca e significa, in sostanza, perseguire la virtù e il vivere bene mediante la rimozione del superfluo, ad esempio del lusso eccessivo.
Contestualizzata nella vita contemporanea, in cui è la nostra attenzione ad essere eccessivamente sforzata da richieste eccessive, la Via Negativa può intendersi come invito alla riduzione della complessità degli stimoli a cui siamo esposti.
In tal senso, con la sua meravigliosa ricostruzione e il potenziamento di schemi di suoni semplici e rilassanti, myNoise® raggiunge questo obiettivo nel contesto della vita acustica, con molti effetti benefici sul benessere mentale. Le sue riproduzioni suonano nelle mie cuffie e cuffiette da un anno ormai, quasi tutte le volte in cui lavoro in solitario alla scrivania, e non riesco ad esprimere a parole quanto più calmo e rilassato mi senta, mentre sono coccolato di suoni bianchi e ripetitivi curati dal Dr. Pigeon.
Usare myNoise® mentre si leggono articoli di blog, mentre si lavora alla scrittura di un documento, si risponde alle email, si studia del materiale nuovo o si medita un po’ ha un effetto indiscutibilmente calmante e promuove la concentrazione, come è testimoniato dalle centinaia recensioni scritte da centinaia di utenti del sito, fra cui il sottoscritto, che concordano all’unanimità.
Parlo da persona che era abituata ad ascoltare musica normale durante il lavoro, con effetti devastanti sulla mia attenzione, come mi rendo conto in retrospettiva.
A mano a mano che ascoltare questi suoni diviene un’abitudine, la sensibilità dell’ascolto si acuisce e divengono percepibili dettagli cui non si era mai fatto caso prima, come le modulazioni dell’acqua cadente che riesco a sentire in questo momento nel generatore che sto ascoltando mentre scrivo questo pezzo (screenshot in cima all’articolo)…si spalanca un mondo e, insieme ad esso, di tanto in tanto, si accende una scintilla di gioia, di quel genere di gioia che l’essere umano sperimenta quando sente che le sue capacità si stanno sviluppando armoniosamente.
Si tratta di un germoglio si sensibilità alla bellezza, alla bellezza delle piccole cose.
Per essere chiari: nonostante sia una un grande fan, né io né la nostra azienda hanno alcuna affiliazione con myNoise®, che si basa su un modello di business di sostegno volontario e non richiede donazioni per beneficiare del servizio base. I sostenitori ricevono un cosiddetto account patron (mecenate) e possono beneficiare di funzionalità più avanzate, nessuna delle quali è richiesta per beneficiare dei suddetti effetti, per i quali sono richieste solo un po’ di fiducia e di perseveranza, ma queste sono cose che non possono essere acquistate col denaro, fortunatamente.
Conclusioni
È stato un enorme piacere condividere queste riflessioni così esistenziali e un po’ filosofiche con voi lettori. Se siete giunti fin qui e sentite che esiste un briciolo di verità in ciò che abbiamo scritto, tutto ciò che vi resta è di provare il nostro consiglio.
In attesa del prossimo post, cogliamo l’occasione per augurare a tutti Voi un buon Natale.
Mirko e Franz